Chini Galileo

(Firenze 1873-1956) Galileo Chini fu uno dei protagonisti del Liberty italiano. Nel corso della sua vita occupò più volte le cattedre d'arte di diverse città, svolgendo, nel frattempo, la propria attività di pittore su tele, ceramiche, cartelloni e scenografie teatrali. Caso raro di artista Art-Nouveau / Liberty che dell'Oriente non solo subì il fascino, ma anche lasciò nella terra lontana, con le sue opere, il proprio segno. Nato, e artisticamente cresciuto, a Firenze, Chini frequentò la Scuola d’Arte di Santa Croce e, per un breve periodo, l’Accademia delle Belle Arti a Firenze, svolgendo il proprio apprendistato di decoratore presso l’impresa di restauri dello zio. Proprio negi anni della frequentazione all’accademia, Chini fondò con quattro amici la manifattura “Arte della Ceramica“, che, a dispetto delle scarse dimensioni, riuscì a realizzare maioliche di alta qualità e raffinatezza, ottenendo un successo tale da avere, presto, un’ampia diffusione fino ai mercati europei e statunitensi.In quegli stessi anni, egli lavorò a San Miniato, di cui affrescò la sala del consiglio comunale e la locale chiesa di San Domenico, e partecipò a diverse Esposizioni Universali, fra le quali: Londra (1898), Parigi (1900), Torino (1902) e alla Biennale di Venezia (1907). Fra i lavori di decorazione sono, invece, da ricordare quelli svolti per i palazzi della Cassa di Risparmio di Pistoia, di Arezzo e di Firenze.Nel 1904, Chini abbandonò la manifattura per divergenze con gli altri membri, e, nel 1906, ne fondò un’altra con il cugino Chino, le “Fornaci di San Lorenzo“, nelle quali realizzò ceramiche, vetrate, arredamenti d’interni e progettò mobili - decorati, ovviamente - con ceramiche e vetri.Già nello stesso anno, all’Esposizione di Milano i cugini Chini presentarono la nuova manifattura, la quale adottava come marchio la graticola di S. Lorenzo, sormontata dal giglio fiorentino. Ai motivi vegetali degli esordi, la ricerca formale di Chini sulle ceramiche si spostò verso motivi geometrici e zoomorfi, e a tonalità d’oro, argento e rubino, ripiegando, negli anni successivi, verso soluzioni vicine al Decò. Nel 1909 Galileo assunse il ruolo di docente per la cattedra di Pittura all’Accademia Libera di Roma, cui fece seguito, nel 1915, quella di Ornato di Scenografia a Firenze. In quegli stessi anni, inoltre, iniziò le prime attività di scenografo teatrale, che lo portarono a collaborare anche con Puccini; degne di menzione sono le scenografie preparate per la Turandot del 1924. Chini conoscevà già molto bene, del resto, gli ambienti e le atmosfere d’Oriente; nel 1910, infatti, il Re del Siam, Rama Quinto, che lo aveva ammirato alla Biennale di Venezia, lo invitò a lavorare nella sua corte di Bangkok (Thailandia), e, l’anno successivo, Chini si imbarcò per l’estremo oriente - dove morto nel frattempo il Re, gli era succeduto il figlio, Rama Sesto, pronto ad accoglierlo nella corte. Per quest’ultimo, Chini affrescò il Prah-ti-Nam (la sala del trono) e realizzò una serie di ritratti per la famiglia e per i suoi dignitari. Rientrato, infine, nel 1913, egli portò con sé una serie di opere paesaggistiche, che espose nell’anno seguente alla Mostra della Secessione Romana.Negli anni successivi, la sua attività proseguì con gli affreschi del Palazzo Comunale di Montecatini e della Camera di Commercio di Firenze; espose alla Prima Biennale Romana (1921) e, ancora, alla Biennale di Venezia (1924 e 1930). Nel 1925-1926 curò le decorazioni per il Grand Hotel des Thèrmes di Montecatini, dipinse molti saloni all’interno del Palazzo dei Congressi a Salsomaggiore Terme e realizzò, nella stessa città (da ricordare fra le sue opere più famose, al centro di un recente dibattito sul centenario del Liberty in Italia), le decorazioni delle Terme Berzieri. Allo stesso tempo, abbandonò la conduzione della manifattura, che fu assunta dai figli di Chino, che nel frattempo era morto. Nel 1927, arrivò per lui l’ennesima promozione accademica, ottennendo la cattedra di Decorazione Pittorica alla Reale Scuola d’Architettura di Firenze. Per tutto il decennio successivo, Chini si dedicò prevalentemente ad esporre le proprie opere in mostre personali, attività che continuò anche dopo aver (nel 1938) lasciato l’attività d’insegnamento per limiti di età - fino alla morte (1956), che sopraggiunse quando il pittore, ormai molto anziano, era stato costretto a ridurre la propria attività per una grave cecità.